Sindrome di stanchezza democratica

In Occidente la crisi della legittimità dei partiti politici si manifesta attraverso la sempre crescente quantità di elettori che si astengono al momento del voto:

«Nel corso del primo decennio del Ventunesimo secolo la percentuale di votanti è scesa addirittura sotto il 77%, il livello più basso dalla Seconda guerra mondiale. In termini assoluti, si tratta di milioni di europei che non vogliono più andare alle urne.»

Tale percentuale si mantiene ancora alta, ma è da tenere in conto il fatto che in alcuni stati dell’UE andare a votare è obbligatorio per chi ne ha diritto. Inoltre, vi è la crescente incostanza degli elettori, in termini sia di fiducia stabile in un qualche partito (il fenomeno della volatilità elettorale), sia per quel che riguarda l’effettiva militanza politica “di partito”. Negli stati membri dell’UE, in media solo il 4,5% degli elettori è ancora iscritto ad un partito.

Gli studiosi di tutta Europa che pubblicano libri sul tema sono oramai numerosi. Vedasi qui: Sorteggio – Wikipedia. Tra questi oggi citeremo il giornalista e ricercatore belga David Van Reybrouck che con il libro Contro le elezioni Perché votare non è più democratico (© Milano: Feltrinelli, 2015) si inserisce in questo dibattito rompendone gli schemi con una tesi tanto chiara quanto radicale:

«Ecco la prima causa della sindrome di stanchezza democratica: siamo diventati tutti dei fondamentalisti delle elezioni. Disprezziamo gli eletti, ma veneriamo le elezioni. Il fondamentalismo elettorale è la convinzione ferrea che una democrazia non sia concepibile senza elezioni, che le elezioni siano condizione necessaria, fondante, per parlare di una democrazia.» (p. 38).

Niente di più contestabile. I fatti democratici sono:

L’interesse dei partiti è il proprio guadagno, e non una azione politica utile per la comunità.

I partiti, perseguendo il proprio massimo vantaggio, arrecando un danno alla comunità.

Nessun partito politico che operi tutelando il sistema dei voti e dei partiti potrà mai portare ad un reale cambiamento.

I cittadini che accettano il sistema basato sui voti e sui partiti non concorreranno mai ad un cambiamento.

C’è poi la stessa azione pubblica che richiedere tempi sempre più lunghi. Scrive Reybrouck: «Se lo scavo di un tunnel o la costruzione di un ponte sono ormai fuori dalla loro portata, cosa sono capaci di fare ancora da soli i governi nazionali? Ben poco, poiché qualsiasi cosa facciano, sono legati al debito nazionale, alla legislazione europea, alle agenzie di rating americane, alle imprese multinazionali, e ai trattati internazionali.»

Varie sono le esperienze fatte: quella populista, che connette la crisi della democrazia ai politici corrotti o incapaci, perché è incontestabile che la competenza non è la prima qualità che premia un eletto. Quella della tecnocrazia, che sostituisce alla figura del politico quella del manager, dello specialista capace di assumersi anche il peso di portare a termine misure impopolari. Ma in Italia abbiamo visto come i tecnocrati non abbiano soddisfatto le aspettative:

  • Giovanni Spadolini (1981-1982) il 28 giugno 1981 fu il primo presidente del Consiglio dei ministri non democristiano nella storia dell’Italia repubblicana.

  • Giovanni Goria (1987-1988) fu nominato presidente del Consiglio il 29 luglio 1987, fortemente voluto dal segretario DC Ciriaco De Mita.

  • Carlo Azeglio Ciampi (1993-1994) al termine del primo governo Amato, conseguentemente allo scandalo di Tangentopoli e in un periodo che verrà poi indicato come quello che decretò la fine della Prima Repubblica, fu nominato dal capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro.

  • Lamberto Dini (1995-1996) dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi, Oscar Luigi Scalfaro incaricò Lamberto Dini per la formazione di un nuovo governo. Si trattava di un esecutivo composto esclusivamente da ministri e sottosegretari tecnici e non parlamentari.

  • Mario Monti (2011-2013) in seguito alle dimissioni di Silvio Berlusconi nel 2011, Mario Monti ricevette da Giorgio Napolitano l’incarico di formare un governo tecnico con l’obiettivo di portare il Paese fuori dalla crisi.

  • Matteo Renzi (2014-2016) dimessosi Enrico Letta e con l’appoggio della maggioranza del Partito Democratico, Matteo Renzi venne convocato al Quirinale per ricevere l’incarico da presidente del Consiglio nel febbraio del 2014. Il politico fiorentino è a oggi il più giovane presidente del Consiglio mai nominato: aveva 39 anni al momento della fiducia in Parlamento.

  • Giuseppe Conte (2018) fu 29esimo presidente del Consiglio. Il primo governo di Giuseppe Conte durò dal 5 settembre 2019 al 13 febbraio 2021, seguito dal secondo governo durato dal 1º giugno 2018 al 5 settembre 2019.

  • Per finire con Mario Draghi in carica dal 13 febbraio 2021.

La diagnosi sulla “democrazia diretta” merita una trattazione a parte. Essa cerca di includere direttamente il ”cittadino” nel processo decisionale, come propongono il Partito Pirata in Svezia, il G500 in Olanda o il Movimento 5 Stelle in Italia; ma queste formazioni non hanno offerto prove soddisfacenti o risolutive. In Svizzera – indubitabilmente uno dei paesi più democratici – vige un modello di democrazia semi diretta.

La politica oggi non è l’attività di governo, ma l’arte di stare al governo.

Teatro di giochi spesso incomprensibili ai più, che però sono chiamati ad eleggerne gli attori con il solo fine di legittimarli; la democrazia, il voto, i partiti che svantaggiano il proprio avversario per vincere le elezioni, perdere per tornare al potere: quanti sono i paradossi della democrazia rappresentativa elettiva? Esiste un modo per garantire la sovranità al popolo? La risposta è si!

Prima uno sguardo all’antichità

Dopo oltre duemila anni di studi e dibattiti si sa tutto sulla democrazia e sul voto. Ma ci sono cose che nessuno ha il coraggio di dire perché sono scomode.

Per le democrazie antiche, come quella di Atene (462-322 a.C.), governo dei cittadiniera sinonimo di sorteggio delle cariche. L’elezione – affermava Aristotele – era tipica dei regimi oligarchici. Il sorteggio delle cariche fu resuscitato dalle repubbliche di Venezia (1286-1797) e Firenze (1328-1530), nonché da diverse città del regno di Aragona (1350-1715). Ciò garantiva stabilità, evitando conflitti tra le fazioni rivali. Dalle “ballotte” che sorteggiavano gli elettori del Doge veneziano è nato il termine “ballottaggio”.

L’elezione, invece, divenne strumento privilegiato delle repubbliche moderne in seguito alle Rivoluzioni americana e francese. All’aristocrazia di sangue, esse sostituirono quella di censo e cultura.

L’elezione avrebbe designato i migliori, i più capaci di governare. «John Adams, il grande combattente indipendentista e secondo presidente degli Stati Uniti, era anzi estremamente guardingo nei confronti del regime democratico […] Nella stessa Francia rivoluzionaria, il termine ‘democratico’ era poco diffuso e la sua connotazione piuttosto negativa. Rinviava all’agitazione che si sarebbe inevitabilmente creata se i poveri avessero avuto accesso al potere» (pp. 69-70).

Il sorteggio nel mondo

Si è provato a mostrare come l’utilizzo storico del sorteggio nella selezione dei titolari di cariche pubbliche sia stato funzionale all’allargamento a tutti i cittadini di tale possibilità, come anche a impedire il formarsi di rendite di potere. Dal punto di vista della teoria economica delle istituzioni, questo secondo fine si traduce nella introduzione di elevati costi di transazione nel contratto politico tra governanti, e tra governanti e governati. Rendere impervio l’accordo tra il singolo e (una porzione de) i suoi elettori da una parte, e quello tra i decisori dall’altro, riduce la rendita di pochi soggetti accrescendo, a parità di condizioni, il beneficio che alla collettività può derivare dall’azione pubblica.

Quanto alla interessata critica di coloro che vivono di rendite politiche che gli esempi storici, dall’antica Atene alle città italiane del Rinascimento, dove la platea tra cui si sorteggiava era molto diversa dalla platea di uno Stato moderno sia per numero che per composizione, si può controbattere che esistono più tecniche per superare le loro pelose obiezioni.

Enzo Trentin

e.mail: accademiadegliuniti@goldnet.pro

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