L’autodeterminazione è inutile senza la democrazia diretta

Quasi mai se ne parla. Pochissimi sanno che cosa sia, talvolta anche tra le persone più informate. Per quasi venticinque anni la faccenda sarebbe rimasta sotto silenzio, se il 30 luglio del 1998 un senatore dell’opposizione, Eugenio Filigrana, allora di Forza Italia, non avesse presentato una lunga e dettagliatissima interrogazione rivolta agli allora ministri del Lavoro e delle Finanze, Tiziano Treu e Vincenzo Visco. Il lettore ci perdonerà se svilupperemo questo tema un po’ più avanti, per dare la precedenza all’attualità.

Intorno ai primi giorni di dicembre 2020 centosettanta deputati al Parlamento europeo hanno votato a favore del diritto all’autodeterminazione di tutti i popoli in un emendamento al documento sui diritti fondamentali nell’Unione europea. Nonostante sia stato respinto, il voto ha mostrato un sostegno senza precedenti, coprendo quasi un quarto dei membri del Parlamento europeo. Tuttavia non ci sono motivi di compiacimento, perché il costituzionalismo privo dell’esercizio della democrazia diretta resta una “Fatica di Sisifo”, ovvero un’impresa abnorme ancorché del tutto inutile.

DiFatiche di Sisifo” di questi tipo è piena la storia.

La Costituzione degli Stati Uniti (considerati – a torto – la patria della democrazia) è la più difficile al mondo da modificare. L’articolo V prevede due modi per proporre emendamenti: con il sostegno di due terzi di entrambe le Camere del Congresso, o con una convenzione di Stati convocata dal Congresso su richiesta di due terzi degli Stati. Qualunque sia il modo in cui viene presentato, un emendamento deve quindi essere approvato da tre quarti degli Stati – o da convenzioni speciali o da entrambe le Camere delle legislature statali (tranne che per il Nebraska, che ha un’unica Camera). Il primo metodo per proporre un emendamento – quello che inizia con il Congresso – è stato impiegato tutte e 27 le volte che la Costituzione è stata modificata. Nei quasi due secoli e mezzo trascorsi dalla ratifica della Costituzione, il secondo metodo, una convenzione di Stati, non è mai stato utilizzato.

La Costituzione della Repubblica Italiana è un testo di tipo rigido, gerarchicamente sovraordinato alla legge ordinaria e modificabile solo da leggi di rango costituzionale. Tale “Charta” non è mai stata ratificata dal cosiddetto popolo sovrano. A fianco di questo limite, circa lo strumento utilizzabile, sono stati previsti anche specifici limiti alla revisione costituzionale che definiscono quelle norme e quei principi (i primi 12 articoli) che restano assolutamente immodificabili anche da leggi costituzionali.

A conferma della sostanziale immodificabilità valga la constatazione dell’inutilità di ben tre “Bicamerali”: la prima nel 1983-’85, la seconda nel 1992-’94, la terza nel 1997-’98. I partiti politici non ne hanno l’interesse, e quando arrivano ad un risultato, esso non è certo sostanziale, basta osservare la legge costituzionale 19 ottobre 2020, n. 1 recante: “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”. La legge è stata confermata dagli elettori subornati dalla propaganda di regime nel referendum popolare tenutosi il 20 e 21 settembre 2020.

C’è una grande differenza con le procedure della Svizzera. La revisione della Costituzione può essere chiesta mediante un’iniziativa popolare. Un’iniziativa può essere presentata sotto forma di testo già elaborato o di proposta generica. La forma più frequente d’iniziativa popolare è quella di progetto elaborato. Affinché un’iniziativa popolare riesca, i fautori devono raccogliere, entro 18 mesi, 100.000 firme di persone che hanno diritto di voto. Con la loro firma queste persone si dichiarano favorevoli all’iniziativa.

In Italia le decisioni della sovranità popolare espresse con numerosi referendum sono state molte volte aggirate o inattuate. Chi voglia l’elenco aggiornato può consultarlo qui: [ https://it.wikipedia.org/wiki/Consultazioni_referendarie_in_Italia ] Insomma la partitocrazia italiana è biasimevole, disdicevole, indegna, vive in una botte di ferro e non intende certo privarsene. I ministri della Repubblica in occasione della lotta alla pandemia di Covid-19 preferiscono il demerito di andare in televisione (Aprile 2020) a confidare nella delazione dei vicini circa le persone ospitate in case altrui, e continuamente sentiamo calde raccomandazioni a non frequentare persone non conviventi. Molti Comuni italiani, poi, proprio in questi giorni iniziano ad utilizzare piccoli droni per verificare chi esce di casa senza motivo, bighellona in giro o si riunisce in piazze e parchi provocando assembramenti pericolosi per la diffusione del contagio di Coronavirus.

E, i partiti, nemmeno su altre questioni si sono comportati in maniera più degna. Oggi che dopo anni di sempre più stringente pressione fiscale per recuperare (non certo per sanare) il debito pubblico, prendono a pretesto la pandemia per avere il diritto di fare quello che vogliono con i soldi dei contribuenti; ma si tratta di un vecchio malanno. Ci sovviene, infatti, e lo facciamo per associazione d’idee visto che stanno indebitando indecorosamente le future generazioni, che in passato non si sono certo comportati più dignitosamente.

E qui riprendiamo quanto scritto in premessa. La riforma dell’INPS.

Come forse non molti ricorderanno nel 1968, approfittando della rivoluzione sessantottesca dei giovani, i nostri governanti decisero di “svecchiare” anche il sistema previdenziale, quello dell’INPS, e solo quello perché altri Enti erano saldamente in mano alle categorie di mestiere gelose della propria autonomia.

Decisero di mutare il sistema di conduzione dell’Ente stesso, da capitalizzazione, come aveva funzionato fino a quel momento da quando nel 1933 era stato fondato dal passato “Regime” fascista, a quello della ripartizione. Ma guai a fare queste osservazioni, l’anatema di fascista è presto lanciato sul reo di non avere la memoria corta.

Arriviamo dunque alla legge 252 del 1974, [ https://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=12660 ] detta «legge Mosca» dal nome del suo promotore, Giovanni Mosca, originariamente deputato milanese del Partito Socialista, dove ricoprì mansioni importanti, fino alla vicesegreteria. La sua carriera politica si avviò al tramonto nel 1976, quando si vide l’avvento di Bettino Craxi.

Nel complesso, a beneficiare di questa manna sono state 37.503 persone, delle quali il 60% della Cgil (9.368 unità) o dell’ex Pci (8.081), seguiti a ruota degli ex padrini o impiegati della Dc (3.952), Psi (1.901), Cisl (3.042) e Uil (1.385). Rimangono poi altre 9.390 pensioni erogate, sempre grazie alla «legge Mosca», ad appartenenti ad organizzazioni minori (come Msi e Pri, etc), comunque quasi tutte distribuite secondo la logica del favoritismo, della clientela e della lottizzazione.

È stato calcolato che il danno provocato all’erario da questo esercito di privilegiati ha superato i 25mila miliardi di lire (12 miliardi di euro; ma si tratta di calcoli riferiti al governo Letta che è stato il sessantaduesimo esecutivo della Repubblica Italiana, il primo della XVII legislatura. Il governo rimase in carica per un totale di 300 giorni, ovvero 9 mesi e 25 giorni). Grosso modo, la somma che il governo di centro-sinistra ha cercato a suo tempo di racimolare con i tagli sulle pensioni di anzianità previsti dalla finanziaria 1999.

Come detto, godettero di questo succulento piatto dorato 37.503 Uomini e Donne. Il meccanismo della truffa, peraltro, era semplice. In molti casi venivano dichiarati anni, persino decenni, fasulli oppure lavorati in maniera non continuativa. Tra i soggetti beneficiari della «legge Mosca», alcuni risultavano aver fatto gli autisti fin dall’età di 12 anni. Un altro esempio del modo truffaldino con cui ci si servì del provvedimento fu la vicenda giudiziaria di un impiegato toscano della Dc, che venne condannato per truffa e falso ideologico e dovette restituire quasi 325 milioni di lire di pensione intascati senza averne diritto. Ma il caso più eclatante fu il processo istruito contro 111 lavoratori fittizi di Pci, Dc, Cisl e Lega Coop, tutti accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla «legge Mosca» senza aver mai lavorato, rispettivamente, presso partiti, sindacati e cooperative. In realtà, la maggior parte di costoro, negli anni riscattati, erano stati partigiani, soldati, studenti (delle medie inferiori) quando non addirittura detenuti!

C’erano compagne che erano al Centralino o al Ciclostile all’età in cui si va alle elementari. Qui i Giudici e la Corte dei Conti non intervennero. O un servizio iniziato all’età di 5 anni. O prestato prima che il Partito o il Sindacato di appartenenza esistessero. Della pacchia beneficiarono anche Armando Cossutta (quello che a Mosca, in piena guerra fredda, firmava le ricevute dei soldi che l’URSS dava al Pci), Nilde Jotti (Pci), Achille Ochetto (Pci), Sergio D’Antoni (Cisl), Pietro Larizza (Uil), Franco Marini (Cisl), Ottaviano Del Turco (Cgil) e anche Giorgio Napolitano (per Henry Kissinger, il suo “comunista preferito”). Emblematicamente due volte Presidente della Repubblica.

Intanto una delle gravi conseguenze economiche della pandemia è il netto peggioramento dei conti dell’INPS che, secondo il bilancio assestato approvato il 10 ottobre 2020 dal CIV (Consiglio di Indirizzo e Vigilanza) ha visto un “risultato di esercizio” negativo di 26 miliardi di euro, con un peggioramento di 19,6 miliardi rispetto alle previsioni di un anno fa. Il peggioramento è dovuto ai 4,1 miliardi di prestazioni aggiuntive sostenute nei primi mesi dell’emergenza (non sono ancora incluse le prestazioni di questi ultimi mesi!) ma, soprattutto, al minor gettito di 14,9 miliardi per i contributi non versati per le sospensioni decise dal Governo. Con questo risultato il “deficit complessivo” dell’INPS è arrivato a 28 miliardi e sarà probabilmente necessario un nuovo intervento del Governo per tenere in equilibrio il sistema e garantire il regolare pagamento delle pensioni. A pesare di più è il miliardo e mezzo di ore di Cassa integrazione ordinaria e in deroga pagate per l’emergenza economica, di contro ai minori introiti per i lavoratori che non hanno lavorato e ai minori contributi versati dalle aziende per i dipendenti che appunto non hanno lavorato in questi mesi. Questa situazione riporta poi di attualità l’eterna questione della “separazione tra previdenza e assistenza”, perché si continuano a dirottare risorse dalla previdenza all’assistenza sociale, quest’ultima oggi più che mai necessaria, ma che finisce con il gravare, attraverso la de-indicizzazione delle pensioni ed i vari contributi di solidarietà, su chi ha correttamente lavorato e ha regolarmente versato i contributi.

Potremmo continuare, ma a che servirebbe?

Anche l’inadeguatezza del sistema scolastico pare essere stata volutamente concretizzata. La diminuzione del Quoziente Intellettivo, linguaggio impoverito e distruzione del pensiero complesso rendono le masse incolte e più facilmente manipolabili. L’effetto Flynn, dal nome del suo ideatore, è prevalso fino agli anni 1960. Il suo principio è che il quoziente intellettuale medio (QI) continua ad aumentare nella popolazione. Dagli anni 1980, i ricercatori di scienze cognitive (vedi Christophe Clavé) condividono l’osservazione di un’inversione dell’effetto Flynn e di un calo del QI medio. I numerosi studi, in corso da quasi quarant’anni, dimostrano che il livello di intelligenza misurato dai test del QI è in calo nei paesi più sviluppati ed ipotizzano che una moltitudine di fattori possano esserne la causa.

I politici che oggi esercitano funzioni di rappresentanza nelle istituzioni, persino quelli che si autodefiniscono indipendentisti, non fanno mostra di volere l’esercizio degli strumenti di democrazia diretta previsti dal quadro giuridico internazionale e dell’UE in particolare. Essi sono indicati nella Carta Europea delle Autonomie Locali [ https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/122 ] e anche tramite nei suggerimenti della Commissione di Venezia [ più correttamente: Commissione europea per la Democrazia attraverso il Dirittohttps://www.venice.coe.int/WebForms/pages/?p=01_Presentation&lang=IT ]

Solo una libera associazione, senza badare ai tornaconti elettorali, si sta facendo carico (sinora infruttuosamente) d’interessare tramite i suoi attivisti alcune centinaia di Comuni al fine di modificare gli Istituti di partecipazione popolare inclusi per legge negli Statuti degli Enti Locali, ed elusi dalla partitocrazia: il Movimento Federale per una Confederazione dei Popoli Italiani [ https://www.facebook.com/groups/518827135177763 ]

Benjamin Franklin pronunciò queste illuminanti parole: «Chi è disposto a cedere i propri diritti fondamentali in cambio di briciole di sicurezza, non merita né la Libertà né la sicurezza». Esattamente ciò che si ottiene continuando a legittimare con il voto gli attuali partiti politici.

Enzo Trentin

E-mail: accademiadegliuniti@goldnet.pro

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